April 28, 2009

non importa che ho perduto

Ora vado più leggera e senza aiuto. Regola numero zero: mai gettare via le scarpe. I passi, il peso sostenuto, i pavimenti sfregati. Uno. Uno. Uno. Dai, non le buttare, mamma. Lasciami le mie adorate polacchine finte, lasciamele ancora un po', vecchie di quasi due anni, sformate, con la suola bucata, lasciamele. Uno. Uno. Uno. Voglio camminarci ancora. Hanno vissuto tanto (per chi non lo sapesse, un anno e mezzo sono dieci vite per una coppia di finte polacchine ), sanno un sacco di cose. Sanno tutto davvero, le ho portate ovunque. Mamma dice che le scarpe vecchie vanno lasciate andare da sole, e sono quasi certa che non stia parlando solo delle mie adorate. C'è aria di metafora in corridoio. Riesco a salvarle comunque. Vincono l'ultimo viaggio. L'ultimo desiderio di una scarpa stanca è viaggiare in treno: le accontento: Intercity Plus San Benedetto del Tronto-Bologna Centrale. Non un granché, come ultimo viaggio. Mie povere. Mie dolcissime. Mie sventurate scarpette. Qualche passo ancora. Uno. Uno. Uno. Il 33 ci porta a casa. Salgo le scale, giro la chiave. Sfilo A ed A, le mie gemelle grigiastre. C'è sempre stato un passo, sempre uno, da A ad A. Uno. Uno. Uno. Ada, te voilà. Ecco te. Un, due, tre. Qualche minuto dopo sono in una busta di plastica, sul fondo di un cassonetto. Un, due, tre, adieu.

(à)

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