September 1, 2009

ma ligne de chance

Ferdinand : Pourquoi t'as l'air triste ?

Marianne : Parce que tu me parles avec des mots et que moi je te regarde avec des sentiments.

Ferdinand : Avec toi, on ne peut pas avoir de conversation. T'as jamais d'idées, toujours des sentiments.

Marianne : C'est pas vrai. Il y a des idées dans les sentiments.

Ferdinand : Bon, on va essayer d'avoir une conversation sérieuse. Tu vas me dire ce que tu aimes, ce que tu as envie et la même chose pour moi. Alors vas-y, commence.

Marianne : Les fleurs, les animaux, le bleu du ciel, le bruit de la musique. Je sais pas moi, tout ! Et toi ?

Ferdinand : Euh... L'ambition, l'espoir, le mouvement des choses, les accidents. Euh, quoi encore ? J'sais pas moi. Enfin tout !

Marianne : Tu vois, j'avais raison il y a cinq ans. On se comprend jamais.


(à)

July 8, 2009

coltelleria

La primavera è un grumo freddo prima dell'estate. Io mi spoglio, tu ti spogli, egli si spoglia. Esaltati dal caldo. Noi ci feriamo. Voi vi sbagliate. Essi s'arrendono. Preferivo i tagli netti, un tempo. Ora sono per le escoriazioni leggere, per le ginocchia sbucciate, per la carta vetrata. Non dimenticarmi. Ti scriverò due righe al mese, per non farmi dimenticare. Uno squillo per il tuo compleanno. Una cartolina senza parole. Carta vetrata. Fuori dal quotidiano il mondo è in technicolor e noi abbiamo le guance perennemente arrossate e il fiato corto. I capelli scomposti e la voglia di fare. La speranza, sempre. Fuori dal quotidiano si sta nei parchi ad aspettare l'alba, anche se piove.

(à)

June 2, 2009

white noise


Ciò che riluttiamo a toccare, sembra spesso essere l'essenza stessa di cui è intessuta la nostra salvezza.
(à)

May 30, 2009

quel poco che posso dire

Sarà che la luce quando cambia la stagione è uguale dappertutto. Ora i palazzi di Bologna sono le barche dell'Adriatico, la sabbia sul lungomare vecchio è la polvere di Siena, le strade di Roma portano in Piazza del Campo e via Saragozza è la Statale 16, io sono te e noi siamo in ogni luogo. Potremmo incontrarci dietro l'angolo, quasi.

(à)

se mi svegli t'ammazzo


Giorni di partenze. Si avverte nell'aria la convergenza degli strappi. Delle slacciature. Fanno il suono del vento, hanno il colore del pomeriggio. Sorde, tamponate, schermate. Atterrite. Ma i piedi non toccano il suolo, si pedala, si nuota. La paura di scrivere. La paura di scrivere come. La paura. Che alla fine è sempre quella di non riuscire a. Oppure di non sapere cosa. Peggio, di non sapere perché. Io contro io. Da A ad A non cambia niente, non c'è diegesi, si sta. Dove si va? Dove si va se voglio restare? Se voglio assomigliarmi, farmi la rima, riguardarmi, aspettarmi e accamparmi? Tutto si trasforma, tranne. Io contro io: un uomo che dorme.

(à)

May 16, 2009

a memoria (artaudmonamour)

Mi suggeriscono recitare strada,
polizia mi lascerà, polizia mi lascerà,
devo dire ambiente strada moderna non è teatrale, ci corre,
cercare mio ambiente, ambiente,
le intemperie, le intemperie,
teatro portatile,
in ogni caso non si prova per la strada,
in ogni caso mondo dove tutto basato su danaro e dove danaro o sua assenza impedisce tutto,
si deve poter significare che i materiali non hanno prezzo, legno, tela, cibo, attori,
che si possono ottenere senza danaro e che si può ripristinare il baratto, la cooperazione delle derrate.


Che occorre insomma?
Si può recitare su una piazza se è bel tempo, perché ci vuole spazio,
in un hangar, un'officina in disuso o un garage,
ma bisogna provare.
Sono pronto a mostrare che non mi serve danaro e che posso farne a meno,
mi si dia una casa per abitarci,
il cibo,
che ci sia gente che taglia e cuce i vestiti,
e una Società nella società,
uno Stato nello Stato.

(à)

May 5, 2009

gli spazi bianchi

Appunto: dicevo stasera dell'invisibile, di ciò che sta in mezzo, a cui non si presta attenzione. Io sto tra.

(à)

May 4, 2009

bathysphere





between coral
silent eel
silver swordfish
I can't really feel
or dream down here

(à)

May 1, 2009

cani e porci


Un vetraio andrà bene benissimo. Ceci n'est pas une actrice. Io non sono una di quelle, non ho mai sentito che un castello cresca. Ho una memoria infallibile e mai, giuro, mai ho visto un castello crescente, né mangiato madeleinettes. Prigioniera nel mio alloggio. Non è ancora pronta? Non è ancora pronta la coperta a stelle? E le scale mobili, i manichini dorati, le parrucchiere e gli occhi blu? Occhi blu, capelli neri, Marguerite. Non divagare. Non sei ancora pronta? Io non sono una di quelle, anche se rinuncerei a tutte le primavere che conto per chiudermi in ognuna delle scatole scure che noi conosciamo bene. Polvere e umidità, trallallallalà. Scatole magiche, scatole belle. Succhiano avide gli anni, sgranocchiando settimane e ore. Scatole dentate, meravigliosamente vellutate. No, decisamente no, io non sarò mai una di quelle. Sono venuta a liberarti. Io sarò abbronzata tutto l'anno, sarò una casalinga gentile, una maestra depressa, sarò in gran carriera, una donna, mai una di quelle. Sarò la mia vicina di casa tradita, una corista, un'estetista, strapperò biglietti all'ingresso e mi tingerò i capelli di mogano, avrò colpi di sole sulle punte bruciate, amore, amore, avrò un gatto e un tappeto persiano, un giardino da coltivare, avrò da chiacchierare, molto da sospirare, confidare, due cognate da biasimare e lunghi pomeriggi da correre sul lungomare, e ancora, amore, ancora copertoni da sostituire e cene a decine da ricambiare, a decine, occhi da evitare, occhi, occhi a decine, amore. Mai una di quelle. Ho il diamante, ma non la porta non c'è. Amore, non c'è.

(à)

April 30, 2009

centomilaottocentosette

S
t
a
r
d
u
s
t
my dream
mio sogno senza fine
che t’ho sognato sopito
di sonno e di notte
e che t’ho svegliato a presa e ripresa quando mi impiglio
nell’occhio attento
violento del vivere incerto.

Spiegato l’intento

controluce t’incontro
con STELLE cadenti
da un lato a quell’altro
(resa orizzontale, e d’ o r i z z o n t e)
e ti prendo
(prenderei)
la tua mano posata
la tua mano di rami e di foglie
girandomi intorno
perdendomi un giorno
poi un altro e l’altro a venire.

Che dire e ridire?
degli
affanni-pensieri
inverno-avvenire:
mi piace sentire nel farmi sapere
che è poi ricadere in trappole
vecchie lucidate di nuovo
e lascerei in vita
il coro di questa
tragedia
riscritta
ma mi hanno gelata
svanita
sconfitta.

Così resto tradotta e nell’intreccio
dei segni sembro a me decifrata
mi svolgo sgraziata e mi prendo a memoria
nel gioco che qui non si dice e chi sa
se si addice
se ti pare e ti piace.

Nel tempo interposto imparo a distanza il
p
r
o
f
i
l
o
del cuore
invento misure
e interi segmenti li passo a tornare:
dalla casa
a l l a c a s a
ti porto parole.
È un cruciverba infranto
(c
a
d
u
t
a
verticale, e d’incanto):
come il tuo specchio riflette girevoli soli chinati
come me che mi piango e i tuoi occhi stupiti
«poeta distratto, se l’amore è scontato contrattiamone il prezzo»
così in mezzo all’estate
qua e là per le strade
ancora
tenerti
tenerti pur sempre.

Anche stasera
che pendono STELLE dal tuo cielo bucato:
un luogo segreto
segreta città
questa
e ovunque tu voglia
io voglia.



*


E dimmi se non è meraviglia.


(à)

Anouk dans le train

..e non è un film di Rohmer..
*Ahimé*


(elle)


SENZA PUNTI

Solca i mari dei tuoi pensieri

restituisci schiuma alle onde

Riparati sotto una foglia forata

bacia il filo di luce che cola da essa 

Addormentati sulla tua ombra

risvegliati fuori dal suo perimetro

e abbandonala quando è impotente

a mezzogiorno sotto il sole a perpendicolo

Ascolta il messaggio che tuona nei silenzi


trova le parole e traducile in un linguaggio incomprensibile

Mischia il tuo sangue con l’acqua delle fonti


spingili a zampillare uniti fuori dalle orbite terrestri


Fai roteare i lembi di una gonna Andalusa


al punto che si sfili dai tuoi lombi


e ti lasci nuda senza timore senza pudore


azzurra di sudore e rossa di spossatezza esaudita 

tutto intorno a te un vortice di respiri caldi


Pensa che le lacrime non sono solo dolci o amare


ma in ogni caso costan salate

Fatti dei regali e confezionali con carte e nastri multicolori 

aspetta ad aprirli 

fin quando ti sarai scordata del loro contenuto

infine ricordati di conservare quelle carte e quei nastri

Cospargi il tuo corpo di creme dolci e profumi

affida al vento il compito leggero di disperderle


aromi che solletichino le narici di qualsiasi uomo

degno di te e sconosciuto

Conta sugli amici senza contarli


dimostra loro di essere all’altezza della fiducia che nutri in te

Svuota una clessidra della sabbia viscosa


riempila con fluidi veloci


e se ti stanchi di rivoltarla gettala in acque senza fondo

Mordi le spine delle rose


aiutale a sgambarsi su un sentiero di petali


Sognati mentre passeggi sul passato


presentati agli occhi dell’avvenire


con la consapevolezza di un frutto maturo


(elle)


April 29, 2009

i mondi possibili

A wonderful summer: un sogno vecchissimo come le mie spiagge affollate d'agosto. Candido è un biondo fanciullo bastardo che si allontana oltre le frontiere della Nouvelle Vague. Libero la mia immaginazione temporale oltre l'esperanto dei corpi, oltre il languire dei romanzi di formazione, oltre gli haiku. Supero l'inedito roteare pelvico, le lotte contro gli automatismi del movimento, vado molto avanti, oltre i Beatles, Cage, i sistemi di motion capture e gli orti biologici. Molto lontano dalle manifestazioni liceali, dagli autostop sulla SS 16, lontano, lontanissimo dai miei amoretti estivi. Che continuano a spuntare con la pioggia, quando fa caldo e noia. Candido è un biondo fanciullo bastardo che solo a pensarci ci si macchia di piaghe veneree e la mappa dell'Eldorado si sfalda per autocombustione, con un crepitio leggero di plastica, uno scioglimento. Benvenuti nel migliore dei mondi. Ding dong! the Wicked Witch is dead e i topi ballano. Entrate, prego.

*

Non sono mai stata a New York, mai a Berlino, mai allo zoo e qualcuno prima o poi me la farà pagare.

(à)

April 28, 2009

non importa che ho perduto

Ora vado più leggera e senza aiuto. Regola numero zero: mai gettare via le scarpe. I passi, il peso sostenuto, i pavimenti sfregati. Uno. Uno. Uno. Dai, non le buttare, mamma. Lasciami le mie adorate polacchine finte, lasciamele ancora un po', vecchie di quasi due anni, sformate, con la suola bucata, lasciamele. Uno. Uno. Uno. Voglio camminarci ancora. Hanno vissuto tanto (per chi non lo sapesse, un anno e mezzo sono dieci vite per una coppia di finte polacchine ), sanno un sacco di cose. Sanno tutto davvero, le ho portate ovunque. Mamma dice che le scarpe vecchie vanno lasciate andare da sole, e sono quasi certa che non stia parlando solo delle mie adorate. C'è aria di metafora in corridoio. Riesco a salvarle comunque. Vincono l'ultimo viaggio. L'ultimo desiderio di una scarpa stanca è viaggiare in treno: le accontento: Intercity Plus San Benedetto del Tronto-Bologna Centrale. Non un granché, come ultimo viaggio. Mie povere. Mie dolcissime. Mie sventurate scarpette. Qualche passo ancora. Uno. Uno. Uno. Il 33 ci porta a casa. Salgo le scale, giro la chiave. Sfilo A ed A, le mie gemelle grigiastre. C'è sempre stato un passo, sempre uno, da A ad A. Uno. Uno. Uno. Ada, te voilà. Ecco te. Un, due, tre. Qualche minuto dopo sono in una busta di plastica, sul fondo di un cassonetto. Un, due, tre, adieu.

(à)

April 27, 2009

My photo
Bologna+Roma
(à)lessandra cava : (l)orenzo pallini